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le mie giornate, tra pensieri epici e ricette basiche

Le mie giornate, ora che vivo in campagna, si snodano tra pensieri epici e ricette basiche. Da una parte emerge un bisogno viscerale di emozioni, sapori, sentimenti, che potrei definire primitivi, nella loro forza e lineare pulizia (di immagine, di lettura, di visione, di nitore), ma che si snodano nel mio inconscio con violenza prosaica. E’ chiaro che la parte più sincera di me sta cercando di dirmi qualcosa. La assecondo nel fare, perché solo quando mi metto a “lavoro” riesco ad ascoltarmi senza interferenze. Ecco perché da sempre faccio mille cose, mi spendo in progetti, imparo, imparo imparo, con il desiderio di riuscire ad ascoltarmi. Di un ascolto vero, con la pretesa che possa essere anche un ascolto rivelatore. Camminare è da sempre la mia medicina, camminare affondando i piedi nel passo, con il naso per aria e gli occhi che catturano i dettagli. Descrivo profili, ritaglio con gli occhi quello che mi circonda, memorizzo, assorbo. Adesso cammino per questi sentieri e faccio amicizia con gli alberi, sto imparando a riconoscerli. Come si dispongono i rami, le foglie, i colori. Ho trovato nel campo davanti casa due alberi di mele. Ne ho colta una e me la sono mangiata. Certo molto bucolico. Ma anche nuovo. Possibile che non avessi mai colto e mangiato una mela così? Stare a contatto con la natura sta affinando i miei sensi, e creando una velata repulsione per la città. Eppure ci ho svernato per trentasei inverni, in città. Vivere in campagna è un tornare a casa, anche se la vera prova che mi aspetta sarà l’inverno. Per questo ho iniziato a farmi a maglia un nuovo maglione.
Gli scoiattoli che gironzolano intorno a casa stanno preparando le provviste, hanno saccheggiato l’albero di noci davanti alla cucina, li abbiamo visti, ci siamo incanti a vederli mentre si ingozzavano. Anche io sto preparando le provviste: ho messo a fermentare i crauti, e i cetriolini in salamoia e zucchero con finocchietto selvatico raccolto qui vicino, poi ho fatto la marmellata di pesche, quella di susine, messo cinque chili di fichi ad essiccare, raccolto cicoria e tarassaco. Insomma, mi sto dando da fare. Ho fatto anche i peperoni ripieni, e quando mangio i peperoni penso sempre che sono come certi pensieri persistenti e tenaci, che ritornano. Quello che poi la vita vuole dirmi  arriverà con il tempo, senza preavviso, e con naturalezza, come sempre accade. Solo che adesso annuso l’odore del cambiamento, e riconosco che dentro di me si muove un pensiero che aspetta solo che la mia tenacia sia così costante nel tempo da mettergli gambe.

Su instagram trovate le mie prodezze campestri, mi sto divertendo con le stories, così effimere, e senza traccia. Ogni giorno trovate lì il mio progetto di dispensa faraonica e quello che i miei occhi vedono e raccontano. Però la ricetta dei peperoni ripieni l’ho scritta, e già pubblicata, quindi non vi resta altro che metterla alla prova.

Ah! Sto leggendo di nuovo tanto, e mi fa tanto bene. Nell’ultimo mese tre libri hanno lasciato un segno, ognuno per un motivo diverso. Il Libro dell’estate, di Tove Jansson, ed. Iperborea. Poetico e denso, ho colto e compreso il rapporto tra Sofia e la nonna, sperdute su una piccola isola scagliata lontano nel mare del nord. Ho pensato al legame con la mia nonna, io sono parte di lei e lei è parte di me. Poi di Bjorn Larsson, Raccontare il mare, mi ha fatta viaggiare e regalato il piacere di leggere della saggistica, sempre ed. Iperborea Ed infine La settimana bianca, di Emmanuel Carrère, Adelphi. Un no negativo bello preciso. Non mi è piaciuto, l’ho trovato ridondante, emulatore nel nocciolo di altri libri ben più significativi, cfr Il signore delle mosche, e troppo “maschile”, carico di quel testosterone narcisitico che pende verso il lato morboso e umido del sesso. Una bella stroncatura, con il necessario disincanto.
Adesso invece sto leggendo il primo volume della Saga dei Cazalet, e tra una barattolo e l’altro, tra una spedizione al mercato in città per la spesa, il lavoro, la famiglia e la vita che mi assorbe, mi sto costringendo nel creare una disciplina alla lettura nel quotidiano caotico. Alla fine, tutto è un rito.

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